Un’antenna fra le macerie

Non avevo ancora scritto nulla dall’inizio di quella che con terribile
cinismo e’ stata nominata "Operazione piombo fuso". Un conflitto che mi
lascia afona e con i brividi sulla pelle, ogni volta che leggo un aggiornamento. Per fortuna a livello globale c’e’ stata una mobilitazione di massa e oggi a Roma ci sara’ una manifestazione nazionale con una quantita’ impressionante di pullman carichi di punkislam (:
Giorno dopo giorno, si sono susseguite azioni e manifestazioni pro Gaza
e anche a Milano vedere il centro della citta’ bloccato da un corteo
numerosissimo con le scarpe portate in alto come trofeo e’ stato
meraviglioso, proprio nel primo giorno dei saldi. Ma come al solito
tutto questo viene valorizzato sempre poco e una grossa responsabilita’
va attribuita a quei maledetti giornaioli che hanno avuto soltanto la
pedanteria di citare il numero esatto delle bandiere bruciate, accanto
alle dichiarazioni allucinanti di prosperini&friends: un esempio
classico, direi, di gestione del flusso informativo che punta soltanto
al sensazionalismo e alla costruzione dell’odio sociale (prima o poi
capiranno di aver perso completamente la propria credibilita’).
E’ di 2 giorni fa invece una notizia che mostra un approccio completamente diverso, viene da Al Jaseera
ed e’ una riflessione sulle nuove strategie informative molto profonda e innovativa, specie si legge la cosa in relazione ad una congiuntura di guerra.

In sostanza l’emittente televisiva del Qatar ha
deciso di licenziare sotto creative commons i video realizzati a Gaza
con i propri mezzi di produzione, praticamente sara’ possibile scaricare
il materiale ad alta qualita’ (si tratta di un mpeg-2 PAL a 25 fps,
aspect ratio 720×576 e circa 6000 kbps di bitrate). Ora chiaramente ci
sembra di ravvisare un’intuizione intelligente, oltre che una lezione
di comprensione di come funziona la comunicazione oggi e che dimostra
come l’asse politico/economico/culturale si sia decisamente spostato
altrove. Si tratta di una lezione magistrale per tutte quelle emittenti
televisive che hanno molti piu’ anni di storia ed esperienza che da
tempo hanno abdicato al loro ruolo in/formativo ed hanno smesso di
indaragre cosa significhi essere un servizio pubblico.

Ma andando oltre agli
entusiasmi iniziali e facendo circolare un po’ meglio le sinapsi,
questa operazione non e’ semplicemente una presa di posizione politica
o una scelta che intercetta un nuovo canale di comunicazione, i signori
di Al Jaseera hanno infatti scelto una licenza particolare, la attribution,
particolarmente sponsorizzata dal technoliberista Joy Ito presso la
crew di creative commons, quella che consente appunto di diffondere
"liberamente" il contenuto dando esclusivamente credito alla fonte.
Infatti non hanno pensato ad una licenza che richiede la reciprocita’
della condivisione, come fa l’opzione sharealike,
ma a quella che interpreta molto bene come il capitalismo avanzato
abbia scisso definitivamente il legame fra produzione materiale e
profitto. D’altronde Al Jaseera non e’ un ente benefico o un collettivo
autogestito.
E di fatto la cosa e’ confermata dal blog di Donatella Della Ratta, mediaoriente,
che spiega come l’operazione di rilasciare sotto creative commons
alcuni footage fosse una discussione gia’ in atto da tempo e che la
cosa non e’ tanto una questione direttamente di valorizzazione
economica della produzione di Al Jaseera, ma di una scommessa sul BRAND IMAGE
(sic), e quindi sulla diffusione capillare del loro logo televisivo, grazie al fatto che da Gaza non arrivano facilmente notizie
perche’ l’elettricita’ e’ scarsa e israele ha bombardato la sede
dell’ONU, il quartier generale dei media assieme all’ospedale della
Mezzaluna rossa.
Certo, sempre sul blog mediaoriente stona l’idea di efficienza che si
vuole dare al servizio, con tanto di super espetri sudafricani under
trenta che da tempo studiavano la piattaforma, dal momento che il
download avviene lentissimamente su http, invece di implementare il
sapiente uso della rete che proprio "gli appassionati di filesharing", hanno messo a punto, con ottimi risultati (avevo scritto qui un post
a riguardo). Ecco, diciamo che non lascio passare volentieri questa ironia
legalista sulla pirateria e anzi se avessero capito come funziona bit torrent
li avrei creduti di piu’.

Ad ogni modo credo che questo sia un
passaggio epocale, non so se a Gaza ne hanno la percezione.

Inshallah. 

12 commenti

  1. Molto interessante. Al Jazeera ha costretto le altre tv a mostrare che cosa accade a Gaza.
    Quando le stesse cose le faceva Karadzic erano crimini di guerra.

  2. Trovo molto interessante la notizia; in particolare l’accento posto sul tipo di licenza che implica, facendo così Al Jazeera spinge verso la scissione definitiva del legame fra produzione materiale e profitto. Che gli europei affetti dalla “sindrome dello specchietto retrovisore” sembrano non comprendere.

    Ma se le immagini di cronaca, in questo caso di guerra, diventano materiale comune…

    Bisognerebbe interrogarsi sul futuro utilizzo di questi materiali per il “found footage”, ovvero per ricostruire drammaturgie ‘altre’; le immagini vere di zone di conflitto (in che modo) diventeranno materiale di narrative ‘false’ ?

  3. sono perfettamente con te sul lato tecnologico e sulla lentezza..infatti forse avrei dovuto specificare meglio che era da tempo che studiavamo la soluzione “legale” migliore (quindi il tipo di licenza, l’uso, etc) ma non la piattaforma tecnologica.Non immagini quanto tempo e quanti sforzi ci vogliano per convincere una tv (e tutti i suoi dipartimenti, compreso quello commeciale) ad usare una licenza Creative Commons.. invece confermo il fatto che hanno un’equipe under trenta agguerrita e preparata, probabilmente non hanno avuto il tempo, con questa tragedia scoppiata a Gaza, di fare una cosa migliore sul piano tecnologico..

  4. ciao donatella grazie della precisazione,
    capisco benissimo gli sforzi per convincere un’istituzione complessa come Al Jaseera a fare una scelta cosi’ importante. Per quel che riguarda l’aspetto tecnico allora aspettiamo news, saremo i primi a segnalarle!

  5. Una piccola precisazione su questo post che trovo assolutamente condivisibile. La licenza utilizzata da Al Jazeera per il rilascio di questi contenuti e’ in effetti questa
    http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/
    ed e’ una licenza che impedisce di fatto qualsiasi utilizzo di quei video, fuorche’ il remix (in questo caso il montaggio video) che chiaramente avverra’ con il loro logo in bella mostra.
    Mi sembra un’altra delle situazioni in cui e’ chiaro che il mondo ”open” si muove soprattutto all’interno di una cornice anarcocapitalista/tecnoliberista
    che dovremmo criticare piu’ puntualmente, soprattutto in ambiti di movimento.
    Ottimo post dunque, soprattutto in questa chiave…

  6. Esatto Scarph, una riflessione era gia’ stata fatta con il primo libro di Ippolita, Open non e’ free. Concordo assolutamente sul fatto che la discussione vada aggiornata, dal momento che interecetta questioni legate alla produzione di valore, immaginari e saperi. Ce n’e’ per tutti.

  7. ciao espanz,
    molto interessante. Sto facendo una specie di reportage qui in Cina sull’uso della creative commons da queste parti. E’ nata un’associazione che cerca di trovare artisti, musicisti ecc, e chiede di usare a tutt* la creative commons. Nata da poco in Cina ha già raggiunti risultati interessanti.
    E se la battaglia sulla proprietà intellettuale si risvegliasse proprio in queste zone quasi mai prese in considerazione dal nostro occidentalismo?

    😉
    un bacio e un abbraccio (da distribuire anche a chi incontrerari tra sgombero cox e fine pergola…
    b.

  8. non ho dubbi che questo avverra’ al di fuori dell’occidente incatramato. Come si chiama l’associazione? Chi sono? Vai col reportage, Beirut! Ce n’e’ davvero bisogno.

  9. Per Beirut: a parte il tuo nick che è bellisimo (ma come mai, se ti posso chiedere?!), potresti dirci come si chiama quest’associazione di cui parli in Cina? io lavoro con Creative Commons in Medio Oriente percio mi piacerebbe mettermi in contatto con loro, sempre “non Occidente” siamo:)
    Invece, scarph, scusami ma non capisco cosa vuoi dire:la licenza “by” permette di fatto qualsiasi utilizzo, non solo il remix ma tutti gli utilizzi, basta citare la fonte. Per questo c’è il logo. D’altronde, mica sono matti, a dare tutto gratis e pure senza logo! chiunque crei un’opera cerca almeno l’attribuzione, mi sembrerebbe strano il contrario. Cmq quello che veramente non capisco è come mai pensi che la licenza BY permetta solo il remix…Cosa non permetterebbe secondo te? spero in una tua risposta, serebbe interessante dibatterne. dona

  10. Pingback: espanz

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