Si parla un sacco degli anni 70 ma ancora a sproposito, un po’ influenzati dalle inchieste alla minoli, quelle che solo per la musica di sottofondo gia’ non ti fanno capire un cazzo, quelle che raccontano la ‘grande storia’ sempre a partire da qualche mistero o da qualche furto, una reliquia o il dito di un santo. Bei racconti avventurosi ma poche storie vissute.
Alcune storie non sono mai state raccontate e la prima volta che me ne sono resa conto e’ stato quando ho visto il bel documentario di Alexandra Weitz e Andreas Pichler, furbamente intitolato a toni negri. In effetti segue i percorsi del cattivo maestro, ma fra le righe da’ voce, ed e’ questa la qualita’ maggiore del film, a tanta gente che negli anni settanta poteva orgogliosamente sentirsi parte di un movimento di ‘autonomia’.
Ricordo ancora il mio stupore quando durante il documentario sentii raccontare che l’autonomia di quegli anni si esprimeva in un aneddoto semplicissimo: vai al cinema, senti che quello che vil film non racconta la vita vissuta e assieme agli altri decidi che e’ il caso di interrompere la proiezione, bom e’ fatta, si entra in cabina si spegne il proiettore e si comincia a parlare d’altro. Questa cosa mi ricorda molto anche il film splendido"cosa sono le nuvole" di Pasolini, quello con toto’ con la faccia verde che fa jago amico/nemico perenne del moro ninetto davoli, entrambi sono pupi siciliani che mettono in scena la loro tragedia fino a che il pubblico non insorge e decide di buttare via le marionette.
La persona che racconta questo aneddoto, era evidente, aveva una voglia matta di raccontare quello che ha vissuto in quegli anni, dal momento che tutta questa parte della storia e’ stata rimossa e dimenticata. Basterebbe poco, per recuperarla, l’archivio del movimento operaio ha documenti affascinanti su quegli anni. Si scoprirebbero sfaccettature inattese, meravigliose.
In una trasmissione rai meta’ anni settanta, si parla del ruolo della donna, fra le invitate una larga presenza di femministe (perche’ si’ la tv ospitava dibattiti di questo tipo), si va a coprire vai argomenti, c’e’ la solita cattolica che difende il ruolo della donna nella famiglia, certe cose non cambiano mai. Dopo che uno psicologo sparla sulle attitudini della donna a sviluppare una intelligenza pratica che tende a isolarsi nel mondo fatato della casa, chiude il discorso Orietta Avenati, rispondendo a tono allo psicologo ma affermano quella che al tempo era la sua idea di liberta’. La sua e quelle delle sue compagne, di quelle che avevano elaborato quel tipo di consapevolezza. Estrrapolato cosi’ da un discorso assume un valore interessante, racconta per me il sentimento di un’epoca, che va ben al di la’ dei sensazionalismi.
Le sue affermazioni danno ancora i numeri ai blateratori dei gironi nostri.
Questa storia non deve essere persa.
e’ un .aif lo senti con vari palyer
in effetti vlc non lo supporta ma mplayer si’.
se da’ problemi carico un mp3
ho aggiornato il file con un ogg vorbis,
per essere il piu’ possibile free compliant 🙂
Grazie! 🙂
Ma sono poche parole, giusto?
Dice della libertà e del fatto che è inutile che noi donne ci lamentiamo per le cose che non abbiamo ma che è giusto che ci battiamo per ottenerle. E’ questa l’affermazione che sottolineavi?