L’orzo dei Diggers a Manifesta

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In visita alla settima edizione di Manifesta, fra i laghi e i vini del trentino mi sono imbattuta in alcune piacevoli sorprese. Non nascondo che il bieco motivo per cui ho pensato bene di spostarmi in la’ e’ stato il semplice pretesto di rivedere gli amichetti di Pyrat Byran, che baldanzosi si sono spinti dalla Svezia al sud Tirolo con una corriera a dir poco improbabile e che via via, nel viaggio si e’ riempita di inutili gadgets, dal poggia gomito per l’autista, al presepe adorna cruscotto.

Ad ogni modo fra le chicche e’ da annoverare di certo la presenza della nota Etoy corporation, con il suo ultimo progetto Mission eternity, di cui mi riservo di scrivere diffusamente dopo le vacanze, ma soprattutto il lavoro che ho trovato piu’ stimolante, quello di Matthew Fuller. A dire il vero la sua opera penso potesse tranquillamente passare inosservata, si trattava di un fazzoleto di terra molto discreto che mal sopportava i tintinnii dei calici e il trionfo dei sandaletti tipici degli opening delle mostre.

Il rettangolo germogliato e’ stato vagamente recintato con un sottile cannicciato recante in alto semplicemente le indicazioni delle piante seminate: Digger Barley, l’orzo dei Diggers, e’ piantato li’. Accanto al cannicciato e’ stata apposta una scatola con dei cartoncini dotati tutti di una piccola bustina con qualche seme dentro. Chiunque puo’ prenderne.

digg1 Vi si racconta la storia dei Diggers, un gruppo di contadini che nel contesto della rivoluzione inglese, spinti dalla carestia  e da un sincero sentimento comunitario erano giunti alla conclusione che "la rivoluzione aveva deposto il re, ma non aveva ancora tolto l’oppressione. L’Inghilterra sarebbe stata un paese veramente libero solo quando coloro che non avevano terre avrebbero avuto a disposizione le terre comuni (commons) per coltivarle e vivere di esse". Ebbene si’, I Diggers sono stati i primi a parlare di commons con tanto di testi scritti e firmati a piu’ mani dai membri della comunita’ "The True Levellers Standard Advanced".

I Diggers, come racconta Fuller, avevano suddiviso le terre in 3 gategorie: una libera e selvaggia, una recintata con passaggi di proprieta’ di padre in figlio, ma anche un uso comune allargato e comunitario delle terre, per la raccolta del legname e dei frutti. Proprio quest’ultima forma di utilizzo del suolo, sostenevano che dovesse essere estesa a tutta la popolazione, definendo i termini e il senso dell’uso comune della terra.

Con una tale convinzione potrete ben capire che fine fecero i bravi Diggers, ad ogni modo, pare che sulla St. George’s Hill, uno dei primi campi ad essere riconvertito ad un uso collettivo nel 1649, attualmente ci sia un lussuoso campo da golf, su cui tuttavia e’ possibile ancora oggi ravvisare qualche pianta di orzo selvaggio. I semi di queste piante sono stati raccolti e distribuiti sotto il nome di digger barley, appunto. I Diggers non ci sono piu’ ma i loro semi e i semi delle loro idee continueranno a propagarsi.

Di bustine ne ho prese 6 🙂 Milano ne ha un gran bisogno in sto periodo. Chi ne volesse, mi faccia sapere.

Qui altre foto della mostra a Bolzano (infatti per ora ho visto solo quella.. fino a novembre riusciro’ ad andare a vedere le esposizioni di Trento e Rovereto)

4 commenti

  1. Anche per me l’orzo dei Diggers era uno dei lavori piu’ belli e significativi… bisogna dire pero’ che l’orzo del nor europa ha qualche difficolta’ a germogliare in Italia…
    mi ha fatto tanto piacere rivederti anche se per poco!
    ciao!

  2. tienimene un po’. te ne porto un po’, speriamo anche di agrumi, dalla terra di mezzo.
    abbracci

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